LO SCENARIO INVISIBILE

LO SCENARIO INVISIBILE

LO SCENARIO INVISIBILE

Un libro culto della psichedelia
di Dennis McKenna
Pubblicato sul blog il 27/07/2024

Spazio Interiore ci tiene a ringraziare di cuore tutti gli appassionati di psichedelia
che hanno dato il loro contributo alla realizzazione di questo libro audace,
non animato da logiche commerciali,
partecipando al crowdfunding di sostegno alle spese di pubblicazione del testo.

Chi si imbatte in questo libro per la prima volta troverà certamente che molte, se non la maggior parte, delle idee e dei concetti qui discussi sono estremamente peculiari. Le ipotesi in esso contenute sono così radicalmente al di fuori del pensiero scientifico e filosofico moderno che vi potreste chiedere se questo libro non intenda fare una parodia del discorso scientifico serio.

Mi affretto a rassicurare gli sconcertati: il libro che avete tra le mani è stato scritto con la massima serietà da due individui che cercavano di venire a capo del diluvio di idee scatenato da un’esperienza veramente personale e idiosincratica. Nessuno più di me è consapevole del fatto che alcuni passaggi sembrano riflessioni di uno studente ingenuo e privo di cultura scientifica, mentre altri sono forse più indicativi di associazioni di una mente instabile.

In effetti, bisogna ammettere che entrambe le modalità operative hanno giocato un ruolo nella formazione delle speculazioni che questo lavoro espone. Anche se sono passati quasi vent’anni da quando queste idee furono messe su carta per la prima volta, mi ha dato una certa prospettiva, rendendomi meno incline a cercare di insistere sulla veridicità di questi concetti, come fossero una verità rivelata. Non è ancora un’ammissione facile da fare. Mi piace pensare che quegli anni hanno portato con sé un po’ di maturità intellettuale e forse anche una certa umiltà. Scrivere un libro che si propone di spiegare tutto e il contrario di tutto, come fa questo, è un compito che è meglio lasciare ai giovani, per i quali le considerazioni banali, come il rigore scientifico e la credibilità, non sono che meri impedimenti.

Nel frattempo, avendo acquisito in materia una certa preparazione formale, teorica e pratica, mi rendo conto che anche quella decantata disciplina potrebbe rimanere per sempre incapace di spiegare, in maniera soddisfacente, perfino i più semplici elementi dell’esistenza quotidiana: la nostra esperienza della vita, della mente e dello stare al mondo. La scienza, per sua natura, non si trova a suo agio quando affronta queste domande, perché è intrinsecamente adattata all’esame di parti, piuttosto che di interi. La ricerca scientifica può svelare i dettagli più piccoli di ogni pezzo del puzzle, ma dobbiamo fare appello a sensibilità più poetiche per apprezzare cosa sia un cervello/mente/corpo che fa esperienza della meravigliosa totalità dell’essere in tutto il suo fiorire e in tutta la sua ronzante confusione.

È in questo senso che, per la scienza, le sostanze psichedeliche sono state un rompicapo, e probabilmente rimarranno tali ancora per un po’. In effetti, è nel fenomeno dell’esperienza psichedelica che le inconfutabili e autoevidenti qualità della mente si scontrano duramente con i modelli riduzionistici della neurobiologia molecolare. Mentre sembra chiaro che le modalità dello stato psichedelico debbano essere radicate nella farmacodinamica neuronale, i paradigmi esplicativi formulati in termini di selettività dei recettori, di relazioni struttura/attività, di interazione agonista/antagonista, di attivazione delle sottostrutture limbiche, ecc., in qualche modo falliscono tutti nel rendere giustizia alla realtà trascendente e trasformatrice che si manifesta quando si fa uso di una sostanza psichedelica.

Un possibile approccio nella risoluzione di questo dilemma potrebbe essere la via dello sciamano: si rinuncia a tutti i tentativi di analisi riduzionistica e si accetta semplicemente l’esperienza nei suoi termini, magari come una rivelazione divina da una fonte a noi esterna, ad esempio un dio all’interno di una pianta. In effetti, l’esperienza psichedelica è così profonda e travolgente che anche gli individui più scientificamente sofisticati possono facilmente soccombere all’errata percezione per cui “il viaggio è nella sostanza”. La risposta alternativa, che potrebbe caratterizzarsi nella via dell’alchimista, è quella di divenire completamente ossessionati dalla ricerca di spiegazioni riduttive, e di costruire modelli enormemente elaborati nel tentativo di integrare l’irriducibilità della realtà della nostra esperienza in qualche paradigma scientifico o, più spesso, quasi-scientifico. Questo libro cerca, forse senza successo, di condurci a una via di mezzo tra questi due approcci.

Tuttavia, anche se in questo lavoro ci sono molte cose che non cercherei più di difendere come scientificamente valide, ci sono anche molti spunti di riflessione. L’intuizione, che ha portato me e Terence a scrivere Lo scenario invisibile, è stata che la chiave del problema mente/cervello, e forse di molte altre questioni di notevole importanza ontologica per la nostra specie, risieda in un’approfondita comprensione dell’esperienza psichedelica, dai suoi meccanismi molecolari alle sue implicazioni storico-evolutive. Questa originaria intuizione è rimasta un’ipotesi di lavoro valida fino ad oggi, e infatti è rimasta uno stimolo, almeno nelle nostre vite, per la maggior parte del nostro sviluppo intellettuale negli anni. In questo periodo abbiamo rivisto parzialmente le nostre interpretazioni delle cause e delle conseguenze delle nostre esperienze, abbiamo acquisito nuove informazioni e abbiamo esaminato ipotesi alternative che vanno dalla farmacologia alla mitologia; ma a guidare la ricerca e le nostre domande è sempre stato il desiderio di comprendere la natura dell’esperienza psichedelica. Oggi, se non altro, siamo meno sicuri del successo della nostra ricerca rispetto a quando abbiamo scritto questo libro, ma siamo principalmente convinti che ogni modello mente/cervello che non concili le osservazioni della neurobiologia con il fatto dello stato psichedelico, così come lo si sperimenta, è destinato a rimanere scientificamente incompleto e filosoficamente insoddisfacente.

Le sostanze psichedeliche sono sempre state e rimangono le sonde molecolari più utili a disposizione della scienza per esplorare il rapporto tra l’esperienza soggettiva della mente e i processi neurobiologici. Data la validità di questa affermazione – e io credo che nessun neuroscienziato con un’approfondita conoscenza dello stato psichedelico possa contestarla – non si può non rimanere interdetti dalla curiosa negligenza della scienza nei confronti della ricerca psichedelica nelle ultime due decadi. Mentre è vero che, in quest’epoca in cui la scienza viene sostenuta dai governi, i vincoli di budget e le priorità di ricerca possono influire sulle questioni scientifiche che vengono studiate e su quelle che invece vengono dimenticate, si sospetta che, per quanto riguarda la ricerca psichedelica, ci sia qualcosa di più di una negligente buonafede. Nonostante le sue pretese di obiettività, la scienza, come ogni altra istituzione umana, pone un certo interesse nell’autoconservazione; pertanto è possibile che non sia entusiasta, se non proprio ostile, nei confronti di una qualche strategia investigativa che possa potenzialmente metterne in discussione le basi costitutive. Le sostanze psichedeliche esercitano la loro influenza sull’interfaccia del cervello/mente/corpo, e si trovano molto chiaramente all’interno di quel territorio proibito e oscuro in cui si origina la cognizione stessa. C’è forse da meravigliarsi che la scienza esiti a squarciare quel velo e a illuminare le ombre con la fredda luce della ragione, sapendo che la ragione stessa potrebbe divenire il sacrificio ultimo per questa sua audacia? È possibile che l’esperienza psichedelica possa non venire compresa utilizzando solamente i modelli riduzionistici della scienza, e che solo attraverso una consapevole unificazione del riduzionismo e dei metodi analitici della scienza medesima con l’approccio olistico e non analitico dello sciamano, riusciremo forse a capire, apprezzare e applicare le lezioni apprese da tali esperienze. Questo libro è un primo, tremolante passo in questa direzione.

Sono lieto che Terence e io abbiamo nuovamente l’opportunità di renderlo disponibile al pubblico, sebbene sia un’opera molto diversa da quella che scriverei oggi, se avessi il tempo necessario e la libertà da preoccupazioni più immediate e urgenti. Invito a leggerlo tenendo presente questo: se in queste pagine ci sono molte cose che, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, dovrebbero essere rigettate, ce ne sono anche molte altre che vengono supportate molto più oggi di quanto non lo fossero vent’anni fa. Esempi possono essere: la possibile natura olografica dell’organizzazione neurale, il trasporto retrogrado assoplasmatico, il possibile ruolo della superconduttività e di altri processi meccanico-quantistici nei sistemi viventi, l’intercalazione di molecole di farmaci negli acidi nucleici e l’importanza dei processi oscillatori nella regolazione delle funzioni degli acidi nucleici e delle proteine. Sebbene nessuna di queste sia stata effettivamente incorporata nel dogma scientifico convenzionale, sono tutte aree attive di indagine sperimentale.

Il progresso scientifico e la comprensione umana, in genere, sono processi che si auto-raffinano in accelerazione esponenziale. Gli ultimi due decenni hanno visto progressi nella comprensione scientifica che erano a malapena immaginabili quando questo libro è stato scritto. Sembra praticamente certo che la scienza e il pensiero umano, nei prossimi due decenni, subiranno trasformazioni sempre più radicali. Ironicamente, le speculazioni contenute in questo libro potrebbero somigliare più al risultato di quella (ri)evoluzione scientifica e noetica che agli indiscussi paradigmi della corrente conoscenza scientifica.

Tratto da  “Introduzione all’edizione del 1994” in LO SCENARIO INVISIBILE, edito da Spazio Interiore nel 2024. Lo puoi acquistare QUI.

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