PSICOMAGO CRUDELE CON UN’ESSENZA AMOROSA

PSICOMAGO CRUDELE CON UN’ESSENZA AMOROSA

PSICOMAGO CRUDELE CON UN’ESSENZA AMOROSA

Intervista a Cristóbal Jodorowsky dell’11 febbraio 2013
a cura di Giovanni Picozza
Pubblicato sul blog il 30/11/2024

Cristóbal Jodorowsky è venuto a mancare nel settembre del 2022, all’età di 57 anni, con grande tristezza e stupore di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di incontrarlo sul proprio percorso di ricerca, che ciò sia accaduto attraverso un suo seminario, la scuola Metamundo o la lettura del suo bellissimo libro “Il collare della tigre”. Io ho avuto il privilegio di intervistarlo nel 2013, il giorno in cui Papa Ratzinger annunciava le sue dimissioni. Ho di lui il ricordo di una persona intensa, attenta e generosa, che in quelle poche ore che passammo insieme rispose con profondità e puntualità a ogni domanda che gli sottoposi. Alla fine della lunga chiacchierata gli chiesi, come facevo sempre, come contattarlo per fargli leggere e approvare l’intervista da pubblicare, ma lui mi disse che non era necessario. Mi guardò negli occhi, scavandomi dentro come un bisturi, e mi chiese: «Hai intenzione di parlare male di me o del mio lavoro?» E al mio scuotere la testa aggiunse che questo era sufficiente e che si fidava del lavoro che avrei fatto. Quella è stata l’unica volta, in tanti anni di interviste, in cui un autore non abbia voluto rileggere il testo finale prima della pubblicazione. L’intervista uscì sul numero 10 della rivista “Oltreconfine” e ne riportiamo qui una buona parte.

Nella tua autobiografia “Il collare della tigre” racconti del tuo percorso per diventare psicomago e psicosciamano, sperimentando in prima persona, fino alle estreme conseguenze, tutte le tecniche messe a punto da tuo padre Alejandro ed elaborandone a tua volta di nuove. Fin da bambino hai sempre avuto una grande attrazione per la magia e la prestidigitazione. Sei dunque riuscito nel tuo proposito di diventare “mago”?

Quando stavo ancora nella culla, mio padre mi regalò un mazzo di tarocchi e mi disse: «Con questo imparerai a contare e a leggere». I tarocchi sono stati il mio gioco preferito e con essi ho davvero imparato a leggere e a contare, sono penetrati talmente in profondità nel mio essere che ora fanno parte di me tanto quanto il mio fegato. Li conosco a memoria e quando parlo di qualunque cosa sono sempre presenti in me, come il mio sangue. E un giorno mio padre mi disse che sarei diventato mago. Il mago, il prestidigitatore, è molto astuto con se stesso e con gli altri. Per fare un lavoro di liberazione interiore bisogna avere molta astuzia, perché il nostro cervello attua delle tattiche di sopravvivenza che mantengono in vita le nevrosi del passato. La psicomagia è un’arte terapeutica totalmente astuta perché imbroglia la mente. La mente crede che la metafora sia reale e dunque attraverso di essa riesce a liberarsi dalla nevrosi. È come un placebo, come un illusionismo, perché è una metafora. Quando lavori con la psicomagia non lavori davvero con tua madre o con tuo padre, ma metti a qualcuno la loro foto e poi scoppi a piangere… Quindi, se mi chiedi se sono diventato mago, ti rispondo di sì: sono diventato un mago, anzi uno psicomago, perché sono riuscito a liberare me stesso. Te lo dico senza pretese, cercando di guardarmi nel modo più oggettivo possibile. Se non si è compiuto questo percorso interiore che porta all’autoliberazione, è impossibile gestire il processo creativo della psicomagia. Mio padre è un genio, ha inventato la psicomagia e ha compiuto la sua strada di autoguarigione che gli ha preso tanto tempo. Io ho preso altre strade, praticando per trent’anni la psicomagia per vedere cosa produce sull’essere umano, e davvero ho potuto osservare che attraverso questa dimensione “magica” c’è la possibilità di autoliberarsi da qualcosa che credevamo impossibile e di prendere contatto con i propri paradisi interiori. La prestidigitazione è stata molto importante per me. Adesso quando lavoro con le persone sono molto astuto e cerco di fare dei gol di coscienza. Ma si tratta di una prestidigitazione molto ben intenzionata. Non è una magia di potere, non c’è la volontà di approfittarsi degli altri e il proposito fondamentale non è economico. Lo scopo è quello di aiutare gli altri, perché sono strumenti che funzionano.

Come si passa dalla psicomagia allo psicosciamanesimo?

Vanno insieme. La psicomagia consiglia alle persone atti poetici e metaforici in grado di sciogliere una situazione ripetitiva, bloccata, ma non c’è un intervento diretto. Nello psicosciamanesimo, invece, tu intervieni come una figura che in una maniera sottile rappresenta una dimensione molto ampia dell’altro. È una specie di teatralità psicomagica, perché è sempre una proiezione. Tu rappresenti questa dimensione e cominci a fare delle operazioni metaforiche, una trasmissione di energie, creando un contatto diretto con l’altro. Quindi è necessaria una preparazione approfondita. Io mi sono preparato per anni, sono andato a vedere le possessioni, il voodoo, la macumba, umbanda e quimbanda, gli spiritismi… sono stato in Venezuela, a Cuba, in Brasile, in Africa, in Perù, in Messico. Sono andato a vedere come i curanderos facevano le operazioni e ho cercato di capire come funziona il processo, come sia possibile che una persona provi un dolore reale anche se subisce una falsa operazione con fegato di pollo e sangue finto in una spugna… Mi sono reso conto che il cervello accettava prima la metafora. C’è dunque un doppio corpo: il corpo materiale e il corpo metaforico, psichico, energetico. E questo è stato provato scientificamente dal neuroscienziato Ramachandran, che ha spiegato il fenomeno meno dell’arto fantasma. Quindi la malattia e i conflitti si trovano spesso in questo secondo corpo. Si usa dire: «Ho un peso nel cuore, un nodo alla gola, porto una croce…» Sono metafore dei problemi. E allora si può giocare con queste metafore e attraverso delle operazioni psicosciamaniche far uscire degli oggetti, che rappresentano questi dolori, dal mondo di questo corpo immaginario al mondo materiale. Per compiere un’operazione psicosciamanica è necessaria una grande preparazione perché tutta la tua energia, a livello psicocosmico e psicodivino, deve essere presente. Devi poter entrare in contatto con la tua parte divina e avere la capacità di fondere l’ego per operare con tutta l’energia che sei in grado di sviluppare. Ho amato tanto lo psicosciamanesimo. Quando ho iniziato, ho letto che lo sciamano è un libero orchestratore del suo mondo interiore e questa definizione mi è piaciuta molto. Prima parlavamo del papa; io non voglio avere il papa come direttore della mia orchestra interiore, io voglio aprirmi a tutti i mondi senza il divieto di andare verso quelli più oscuri, tellurici, che alcuni chiamano demoni. Quando ho iniziato, lo sciamanesimo era la strada maestra per me, ma non all’interno della struttura dello sciamanesimo di un paese, bensì come un’attitudine interiore di libero orchestratore di questo mondo.

In qualche modo, dunque, tu sei un guaritore. Ma non credi che nella volontà di guarire gli altri si nasconda una specie di desiderio di onnipotenza, come un Dio che voglia modificare il corso naturale degli eventi?

Io sono un guaritore di me stesso, e sono uno che insegna alle persone ad autoguarirsi. La malattia è non stare in contatto, anche a livello energetico, con la condizione divina interiore, mentre la salute è farla finita con il passato ed entrare in un presente energetico costante in cui non c’è sofferenza, non c’è angoscia, non c’è stress… Quando tu ti presenti davanti alla persona come “guaritore”, in realtà è la stessa persona che si proietta nel guaritore, il quale le permette di accedere alla propria condizione di guarigione interna. Quindi, quando per esempio il guaritore fa dei movimenti, non è lui che li sta facendo, ma ti sta solo mettendo in moto la tua funzione di guarigione interna. Lui non ti guarisce, semplicemente ti pone in contatto con questa dimensione.

Non può essere che a volte siano gli antenati, il sistema-famiglia a cospirare per bloccare il tuo processo evolutivo?

Sì, ma devi capire che quando tu parli di famiglia che cospira, questo non esiste. È il tuo cervello che cospira! Non ci sono papà, mamma o nonni… sono delle connessioni nel tuo cervello, dei codici strutturati al suo interno che fanno sì che quando tu fai un progresso il cervello faccia crick!

Se non basta un solo atto, ma è necessario un processo terapeutico anche di alcuni anni, cosa differenzia l’approccio della psicomagia dalla psicanalisi?

La psicanalisi è l’analisi della psiche, ma non è psicoguarigione. Si può continuare ad analizzare per tutta la vita, ma non è detto che si guarisca. Dunque bisogna sapere dove si va. Oggi ci sono persone che stanno unificando i due approcci, perché bisogna far capire e allo stesso tempo bisogna agire. Ogni essere umano ha una strada eroica da fare e ogni eroe ha dei riti da compiere. Adesso sto strutturando una tecnica, che ho chiamato psicorituale, che è una psicomagia nella scena familiare. È come un’opera sacra di teatro psicomagico greco-futurista in cui si entra in una situazione di rituale con tutti gli aspetti della famiglia. Senza troppo pudore la gente si tocca, si parla, si massaggia, si mette a fare rituali di morte ed esprime le pulsioni più profonde. Io vedo dei limiti nel lavoro psicologico e terapeutico perché quando si contattano gli impulsi più arcaici, poi non si possono realizzare. La psicomagia ti permette di realizzare tutto quello che vuoi: uccidere, scopare tua mamma, scopare tuo papà e tutta la famiglia, morire, rinascere… Ti permette tutto. Per me è stata una terapia molto completa. Io mi sono permesso tutto e ora mi sento un essere libero.

Quando in un percorso arriviamo a un punto in cui bisogna compiere un salto, un cambiamento, spesso arrivano anche la paura e i dubbi. Come si può trasformare la paura in un motore per il cambiamento?

La paura c’è sempre, eliminarla è difficile. Mio padre mi insegnò una cosa che mi ha aiutato molto: «La differenza tra un eroe e un codardo è che il codardo ha paura di fronte alla battaglia e non va; l’eroe ha paura di fronte alla battaglia, ma va e ritorna». È una piccola differenza. L’eroe con la paura agisce, mentre il codardo decide di non agire. Si tratta semplicemente di fare un passo. Dunque, se hai paura, devi fregartene e fare questo passo. Devi accettare la possibilità di fallire. Se pure fallisci, che ti frega? Se sei in acqua, devi nuotare. Se non nuoti, morirai. Ma se anche si tratta di andare a morire, bisogna metterci tutta la propria energia, come diceva Castaneda. Secondo me il modo migliore per trovare il coraggio è darsi un calcio in culo. Il più forte possibile.

La violenza fa parte dell’essere umano, anche se spesso è una parola bandita dal vocabolario spirituale. Perché molte persone “spirituali” si ostinano a tenerla fuori, lontana?

La vita stessa è violenza. Il tuo cuore batte con violenza, il tuo sangue scorre con violenza, il Sole è la violenza totale! Queste persone hanno paura di entrare in contatto con alcuni aspetti di loro stesse. Rifiutare la violenza fa parte di una visione infantile della spiritualità, e tutto quello che si rifiuta rappresenta la paura di confrontarsi con se stessi. Anche la violenza è un’espressione divina. Essere “spirituale” non vuol dire uscire da questa realtà, ma al contrario assumerla completamente. Se guardi i dipinti di Brueghel, di Bosch, di Francis Bacon… sono di una violenza bellissima! Un fiore è molto bello, ma dal punto di vista di una formica, un fiore che sboccia è qualcosa di terrificante. L’essenza di ogni violenza è Dio, perché è lui che la produce. Bisogna saper differenziare le forme di violenza: c’è una violenza tossica e una violenza sublime. Uccidere qualcuno è una violenza tossica, ma fare l’amore è una violenza sublime. A meno che tu non sia un castrato, fai l’amore come una bestia!

Ogni albero genealogico ha le sue perle, tesori a nostra disposizione che possiamo recuperare come preziosi alleati della nostra vita. Come riconoscerle?

Tutto è una perla preziosa, anche la più grande sofferenza e la negatività che ci sono nel tuo albero. Io dico che bisogna far sì che la nostra ombra brilli di un nero così bello da illuminare il mondo. La tua oscurità è un grande tesoro, e non c’è nulla da eliminare, da perdonare o da mettere da parte. Tutto è un’espressione divina, tutto è utile in me. Io ho imparato ad amare anche il mio assassino. Il mio assassino mi aiuta ad aiutare le persone, perché mi permette di guardarle senza pietà, di vedere dove stanno i loro blocchi e aiutarle. Io credo nella crudeltà. Bisogna essere molto crudeli per lavorare con gli altri. Bisogna essere crudeli con un’essenza amorosa.

Tratto da Oltreconfine 10 – Gurdjeff, Spazio Interiore 2013

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